Indifendibile leggerezza engagée

Indifendibile leggerezza engagée

immagine concessa da freepick

Prendendo spunto da un articolo di Marco Belpoliti apparso sul numero di oggi di Repubblica (sì, lo so, sicuramente non l’avrete letto, perché la buona abitudine di leggere un quotidiano per approfondire l’avete persa, vi bastano i martellamenti televisivi) rifletto sull’impegno “politico” degli intellettuali; quella presa di posizione che dovrebbe essere naturale in ogni autore che si rispetti, perché ciascuno ha o dovrebbe avere una visione, che poi si traduce in poetica e in immaginario.
I cosiddetti autori engagé, militanti, dicevo, hanno abdicato in favore di due categorie: i cicisbei e gli ignavi. Ambedue accomunati dall’autoreferenzialità e dal servilismo, ignorano la tradizione e aspirano alla futile vanità dell’apparire.

I cicisbei, di numero cospicuo, assiepati lungo le corti editoriali e redazionali, incensano l’ovvio, applaudono alla banalità (spesso condivisa) tributano successo al volgare, sempre pronti a sostenere il potere del momento nell’ottica di passare al timone.
Gli ignavi sono i peggiori, hanno una coscienza di quanto registrano e perciò restano muti dinnanzi all’infamia, agli inciuci, ai giochi di potere, pronti a tradire quando serve, tutto pur di non dispiacere o inimicarsi il potente di turno, che magari domani ricambierà con un favore.

Degli uni e degli altri ho orrore e c’è voluto del tempo per prendere coscienza dell’abisso.
È una caduta verticale, una débacle clamorosa di ogni aspirazione autentica in difesa della Letteratura, della parola, di cui a tali signore e signori non importa nulla.

Finti i tempi in cui “Elsa Morante presentò a voce le proprie tesi, diventate poi il testo intitolato Pro o contro la bomba atomica, volte contro la giustificazione della «strategia del deterrente », saggio divulgato in volume solo nel 1987 da Adelphi”; consunta ormai l’epoca di Leonardo Sciascia (nonostante qualche scivolone) Pasolini e Pavese.

Questo piuttosto è il tempo adatto a difendere l’indifendibile, a reclamizzare il cliché, a promuovere la volgarità, ad azzerare la prospettiva.
È il tempo della messa al bando del valore, qualsiasi cosa possa significare ancora oggi.
È necessario doppiamente per innalzare il sé lillipuziano e acquistare un posto d’onore tra gli amici dei salotti che contano.
Ci hanno insegnato che l’intellettuale impegnato è inutile, dannoso in certi casi e contesti, pericoloso in altri.
La solitudine che lo caratterizzava ha lasciato il posto alla rotativa dell’immagine, da un lato serva e dall’altro ruffiana.
Al lettore, ormai addomesticato e addestrato dalla classe intellettuale attuale, non resta che abituarsi a vestire i panni di ciò a cui è stato ridotto: quelli comodi del consumatore.

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Scritto da
Angelo Di Liberto
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