In occasione di un tour di presentazioni del mio libro “Il coraggio di Giovanni”, uscito per Gallucci e che racconta un piccolo Falcone inedito insieme alla sua famiglia, mi sono ritrovato a dialogare con Daniela Bonanzinga, libraia della libreria omonima a Messina dal 1969, che è stata appena nominata Cavaliere del Lavoro. La consegna del diploma è avvenuta il 2 giugno e noi di Billy ci congratuliamo per il riconoscimento.
A Daniela ho rivolto alcune domande per cercare di fare il punto della situazione sul mondo libro e in particolare sul destino delle librerie italiane.
Quello che leggerete di seguito è ciò che è emerso.
1) Come inizia la tua storia di libraia?
Inizia nel 1981, che ero diciottenne. Dopo avere conseguito il diploma al liceo classico, decido di lavorare nella libreria di famiglia e tutto parte da lì. Una libreria generalista, senza scolastica, senza universitaria, che i miei genitori avevano aperto a Messina nel 1969.
2) Qual è stata la tua formazione?
La mia formazione è molto varia. Innanzitutto una laurea in lettere moderne conseguita nei primi anni dell’attività. Poi sono stata allieva al primo corso, mai istituito, della “Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri”, e poi ho seguito tutti i corsi di formazione, per circa dieci anni, che la scuola proponeva annualmente. Quindi una formazione fatta attraverso gli enti che in quel momento creavano, per la prima volta nella storia d’Italia, librai.
3) Qual è stata e qual è la vocazione della libreria Bonanzinga?
La vocazione della libreria Bonanzinga è stata di libreria di una famiglia. Posso dire innanzitutto che la prima parola che passa sulla lavagna della mia mente è proprio famiglia. Da qui poi individualità, all’interno di un nucleo familiare perché io, giovane libraia, lavorando accanto a Nino e Rosalba, decido di creare un’entità molto forte e autonoma all’interno, appunto, di questa famiglia-libreria.
4) Ci puoi dire in che cosa consiste il progetto “La libreria incontra la scuola”?
È un progetto d’incentivazione alla lettura nelle scuole di ogni ordine e grado. Nasce a livello sperimentale quando per la prima volta nella storia delle istituzioni scolastiche vede la luce il primo piano di promozione per la lettura nel 1993. È un’attività che ha lo scopo di creare lettori. Quindi ha una visione molto sognatrice da questo punto di vista, perché non è nata per rivolgersi a chi sapeva leggere ed era lettore forte o abituale. È nata per creare il bisogno di leggere in chi non aveva questa passione. Chiaramente la cosa più semplice era di partire da un pubblico di ragazzini e quindi il mondo della scuola.
5) Come è strutturato questo progetto?
È ispirato all’intelligenza emotiva e alla scuola di Goleman ed è strutturato partendo dall’idea che quando i libri vengono letti sono arricchiti dalle proprie personali interpretazioni. Tanto è vero che i ragazzi comprano i libri, li leggono e poi fanno degli incontri con gli autori restituendo parte della loro interpretazione. Il libro diviene così patrimonio del lettore e diventa un altro testo, una sorta di paratesto arricchito delle interpretazioni dei lettori attraverso linguaggi espressivi di vario tipo.
6) Com’è cambiato il tuo lavoro? E perché?
Il mio lavoro di libraia ha seguito in questi 45 anni tutti i processi di trasformazione che hanno attraversato il comparto o mondo del libro. Noi siamo partiti dalla carta e la penna, la segreteria telefonica e quindi abbiamo vissuto le varie trasformazioni di questa professione. È un lavoro, dunque, che si è evoluto e trasformato sino ad arrivare all’avvento del digitale. Nel momento in cui è subentrato il supporto accanto al cartaceo, le cose hanno davvero iniziato ad acquisire forme diverse. Oltre al supporto parliamo anche del luogo dove si vendono i libri. Mentre prima si vendevano in presenza dentro le librerie e poi dagli anni ’90 nella grande distribuzione, – il competitor rimaneva, appunto, la grande distribuzione -, con l’avvento del digitale e il commercio on line e quindi Amazon e tutti gli store, è stato stravolto il modo di acquistare i libri.
7) Quale pensi che sia oggi il ruolo della letteratura?
Il ruolo della letteratura è molto diverso dal passato, perché mentre prima la letteratura aveva un forte imprinting politico e sociale, oggi è diventato un po’ un luogo di riparo e di ristoro. Non è un caso che tanta letteratura sia di tipo introspettivo autonarrativo, dove l’autore si racconta o racconta parti molto intime di sé. Che poi ci siano altri risvolti, questo è evidentemente al passo coi tempi. Però oggi, secondo me, il ruolo della letteratura è fortemente intimo e privato.
8) Come pensi che i reality show e i social abbiano cambiato la letteratura?
Penso intanto ai talk show come il “Maurizio Costanzo show”, che aveva influito positivamente sulle vendite. Cambiavano i numeri del venduto di un libro. Tutto ciò che viene dopo, reality e social, influisce sul piano della vetrina, della conoscenza ma tocca pochissimo gli aspetti commerciali del prodotto libro.
Il mondo del virtuale non riesce a trasformare in offerta commerciale e quindi diventa una specie di vetrina a getto continuo, dove quelli che vengono chiamati librai fashion si esibiscono nel loro teatrino, ma di fatto non cambiano i numeri di una tiratura.
9) Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Dal Covid in poi i miei autori di riferimento sono quelli dell’isola in cui vivo, sono gli autori siciliani. È stata, questa, una scelta voluta, precisa, di campo, perché ho capito che gli autori siciliani, quelli di chiara fama, cioè quelli della grande editoria, fanno molta più fatica dei colleghi che vivono nelle città del centro-nord. E quindi in questa fase conclusiva della mia carriera mi è sembrato eticamente corretto investire le mie energie in Sicilia sui siciliani valorosi.
10) Qual è il libro che hai lanciato di cui ti senti più fiera?
Libri ne ho lanciati tantissimi, ho una grande abilità nel creare il best seller da libri che altrove vendono pochissimo. Faccio un esempio di tantissimi anni fa, che ho trasformato in un best seller: “La profezia di Celestino”. Io mi ricordo che lessi quel libro e ne vendetti 500 copie. Ecco, quello è stato l’esempio di un best seller creato a tavolino. Ma poi posso dirti che tutti i libri del progetto “La libreria incontra la scuola” diventano dei best seller enormi perché viaggiamo dalle 500 copie in su. Anche perché il progetto fa da traino, dato che quell’autore entra nel territorio e comincia a diventare noto a un pubblico strutturato in città e quindi cresce.
11) Quale pensi che sia il ruolo delle librerie fisiche?
Quando parliamo di librerie fisiche dobbiamo distinguere gli store di catena dalle librerie indipendenti. Purtroppo quello che è accaduto negli ultimi 5/6 anni penso sia stato molto lesivo nei riguardi dell’identità dei librai indipendenti, perché le difficoltà che si sono venute a creare nel comparto hanno causato una migrazione potente di tantissime librerie indipendenti negli store di catena. E questo ha fatto sì che il competitor, per gli indipendenti che restano, sia molto più agguerrito, assortito, con molti meno problemi nella gestione del conto economico. Questa situazione ha generato un’azione di sfiancamento, di grande affaticamento, di politica difensiva degli indipendenti. Il futuro? Io penso che il mondo del libro abbia consapevolmente disegnato un progetto di libreria dove le librerie di catena (di proprietà degli editori) abbiano un ruolo ormai dominante. Ecco, nella mia percezione le librerie indipendenti storiche, quelle che hanno fatto la storia del libro negli ultimi 30 anni, sono destinate a una scarsa sopravvivenza. Non mi riferisco alle indipendenti che nascono adesso: delle 164 librerie sorte nel 2024 a opera di ragazzi al di sotto dei 35 anni non so che cosa ne sarà.
12) Pensi che l’editoria crei lettori? Dovrebbe farlo? Lo fa?
L’editoria non crea lettori e l’Italia è una repubblica che ha da sempre un problema endemico nei riguardi della lettura. Tutte le politiche, anche se negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti, vedasi il Centro per il Libro, in quello che prima era il deserto sembrano tante cose; di fatto, quello che manca secondo me è un team di studiosi professionisti che mettano a punto strategie per potenziare la lettura. In Italia non si creano gruppi di ricerca seri per migliorare le strategie e aumentare il numero dei lettori; non rubare o spostare, io parlo di aumentare, cioè non fare leggere due a chi legge uno, ma fare leggere uno a chi non ha mai letto un libro nella sua vita. Questo in Italia manca.
13) Ai membri di Billy, che sono lettori e lettrici di libri di una certa caratura letteraria, che cercano lo stile e la qualità della parola, quale titolo ti senti di suggerire?
Non voglio suggerire libri contemporanei, ma libri che hanno segnato la mia passione di libraia. Consiglio “Diario 1941-1943” di Etty Hillesum pubblicato da Adelphi. Hillesum morì in un campo di concentramento ad Auschwitz, ma questo libro non racconta il periodo dell’internato, parla della storia di una donna che a 29 anni muore ed era una donna compiuta, che aveva completato la sua “mission”.