BA, BE, BI, BO, BU! Dialogo immaginario tra un ascoltatore e Giuseppe Pontiggia.

BA, BE, BI, BO, BU! Dialogo immaginario tra un ascoltatore e Giuseppe Pontiggia.

Giuseppe Pontiggia

«Io penso che la frase “tutto è già stato detto” vada rovesciata nel suo contrario. Per uno scrittore, “niente è già stato detto”». Così ha detto lo scrittore alla radio. È già una settimana che sto vicino all’apparecchio per sentire meglio la sua voce. Lui parla piano, ogni cosa che dice è come una carezza, mai sentito uno così. Per questo motivo mi sono appassionato. Mentre lo ascoltavo ho preso appunti, ora il quaderno è pieno di frasi, parole, citazioni, ho scritto tanta roba, una confusione di inchiostro, tanto che fatico a rileggere i miei stessi appunti. Era meglio se quella sera non ascoltavo la radio, così ora stavo al bar con gli amici e non mi veniva l’entusiasmo di fare lo scrittore.

Ma ho deciso, stasera chiamo in trasmissione. Compongo il numero, squilla, ho le mani sudate, ma cosa gli dirò? Emozione, batticuore, rimbombo di voci nella testa, ecco, sono i personaggi che scalciano, smaniosi di venire al mondo. In radio c’è uno scrittore, uno vero, certificato e premiato, si chiama Giuseppe Pontiggia, con due g nel cognome, sarà bene me ne ricordi. Lui cita a memoria Dante e Boccaccio, pure la Bibbia, se glielo chiedi.

Giuseppe Pontiggia

Scrivere richiede molto coraggio, liberarsi dalle proprie paure. Non ho mai conosciuto nessuno che sia “nato” scrittore. Alcuni lo sono diventati dopo un tirocinio molto duro, fatto di tentativi, scacchi, fallimenti. Bisogna essere dei visionari per trasformare un’idea in una storia: vedere, scavare e leggere. Leggere sempre. Trovate uno stile di scrittura, ma attenti a non essere smaniosi, ossessivi. Recuperare il valore delle parole perché scrivere è un fatto di responsabilità e il pericolo d’essere fraintesi è sempre in agguato. Il linguaggio scritto è ben diverso da quello parlato. Credibili, bisogna essere credibili!

Mi dicono che c’è una telefonata in arrivo, sono ben lieto di rispondere. Pronto?

Ascoltatore

Buonasera signor Pontiggia, sono Beniamino da Borgocaccia, ascolto con interesse la sua trasmissione e anch’io vorrei fare lo scrittore di professione. Ho pensato di scrivere un romanzo. Ho in mente già il titolo: Ba, be, bi, bo, bu!

Giuseppe Pontiggia

Non essere megalomane ma umile. Consapevolezza ci vuole e non arroganza. Ricordati che chi fa il superbo cade nel ridicolo e nel comico.

Ascoltatore

Ba, be, bi, bo, bu non è un buon titolo?

Giuseppe Pontiggia

Concentrati e scrivi soltanto quello che puoi dire e soprattutto sai dire, non essere artificiale. Scrivere è un modo, a volte, straordinariamente intenso, di vivere. E vivere può essere anche un modo, indiretto e preparatorio, dello scrivere. L’effetto, ecco cosa devi cercare, un effetto personale sulla parola, sii saggio con quello che scrivi. L’importante non è aggiungere ma togliere, eliminare il superfluo.

Ascoltatore

Ba, be, bi, bo, bu potrebbe essere la storia di una coppia. Lui si innamora di una donna, si sposano, hanno dei figli, ci vogliono dei figli, no? E un’amante, pure due o magari tre.

Giuseppe Pontiggia

Fatti una domanda: è proprio necessario che io scriva la storia che ho in mente? Usa la lingua per i travestimenti verbali, insoliti, e ricordati che prosa e poesia sono sorelle: ritmo, scansione, assonanza. Cerca la persuasione, ma non troppo, bilancia, impara a bilanciare. E se proprio vuoi usare l’aforisma assicurati che ci sia una svolta inaspettata. Comprendi? Scrivere è riscrivere, correggere, modificare. La costruzione di una frase può costare fatica e dolore. Ci sono delle regole, caro ascoltatore, e se proprio vuoi abbandonarle prima le devi conoscere e poi dimenticartele. Soltanto i veri artigiani della scrittura riescono a rompere le regole e crearne di nuove.

Ascoltatore

Ba, be, bi, bo, bu, non basta per fare lo scrittore?

Giuseppe Pontiggia

Pura confusione la tua. Studia e non correre dietro al disordine che hai in testa, il disordine, se non governato non porta a niente. Coerenza, ecco cosa ci vuole in narrativa. L’idea che scrivere sia “trascrivere” è fuorviante, attribuire al linguaggio narrativo la meta di comunicare sensazioni vissute. Alcuni, muovendo da questa intenzione, si accaniscono in tentativi sterili. Se mi chiedono come possono riuscire, perché incontrano troppe difficoltà, consiglio loro di rinunciare. Di pensare ad altro, di “inventare”. Scopriranno qualcosa di più illuminante su se stessi! Perché lo scrivere deve fare i conti con la materia. E se la materia, per citare Dante, è sorda, è inutile accanirsi.

Ascoltatore

E se scrivo un racconto? Va bene?

Giuseppe Pontiggia

Sai cosa ha scritto Richard Yates nel suo racconto “Costruttori”? Senti qua: «Scrivere un racconto è un po’ come costruire una casa. Una casa, cioè, bisogna abbia un tetto. Ma ci troveremo nei pasticci se cominciassimo a costruirla dal tetto, no? Prima del tetto si devono costruire le mura, no? E prima delle mura si devono gettare le fondamenta, no? E così via. Prima delle fondamenta si deve scavare nel terreno una bella fossa, vero? Ho ragione? Dunque, supponiamo che lei si costruisca una casa in questo modo. E allora? Qual è la prima domanda che deve porsi a opera compiuta? Dove sono le finestre, dove entra la luce? Perché capisce che cosa voglio dire quando parlo di luce, vero? Voglio dire… la filosofia della sua storia, la sua verità, la sua… illuminazione, per così dire».

Ascoltatore

Una finestra?

Giuseppe Pontiggia

Sì, almeno una finestra ci vuole. Almeno una. La finestra permette di guardare fuori a chi scrive e di guardare dentro a chi la legge. Il lettore te ne sarà grato. Lui vuole essere presente, partecipare e non sentirsi escluso. Ma, ecco che ritorna il bilanciamento, non fare l’errore di scrivere soltanto per lui, non titillare la vanità di chi legge con facili sentimentalismi, non prenderlo in giro. Ora comprendi che scrivere può essere una gabbia, un’oscura prigione. Sapersi districare tra stili e generi può diventare difficile se non sai cosa vuoi.

Ascoltatore

Ba, be, bi, bo, bu, a me sembrava un buon titolo per…

Giuseppe Pontiggia

Comincia a leggere, leggi fino allo sfinimento, ecco la prima lezione per ogni scrittore. Leggi e ricopia a mano le frasi e i brani degli autori, i tuoi preferiti, ricopiare non per copiare, ma per familiarizzare con le parole, con la musicalità che è dentro ogni frase. Scoprirai sinfonie, madrigali, fughe, preziosi brani da camera. La disciplina, ci vuole disciplina in ogni cosa, anche per la scrittura.

Sii tenace, e indugia su un dettaglio per illuminarne tutto il resto, ed evita le espressioni banali, di banalità ne è già pieno il mondo. Gli aggettivi e gli avverbi hanno una loro importanza, né troppi né pochi. Ma bisogna saperli scegliere, ogni aggettivo e avverbio deve essere adeguato, funzionale, attendibile e vero. Diventa un equilibrista perché il filo su cui cammini e sottile, oscilla e rischi di cadere rovinosamente.

Scrivere è trasmettere la felicità anche quando si raccontano cose terribili. Una questione di precisione, ogni parola è sempre carica di effetti imprevisti.  È chiaro?

Ascoltatore

Non so, caro Pontiggia io credevo, insomma che bastava tenere in testa una storia, mettere insieme qualche bella parola, lasciare un poco di ambiguità, sesso, morte, abbandono, un tramonto e… insomma, un po’ di questo, un po’ di quello ed ecco fatto un bel romanzo. Ba, be, bi, bo, bu, non è un buon inizio?

Giuseppe Pontiggia

Senti questo di incipit, apri bene le tue orecchie che un inizio così non ti capiterà più d’ascoltare: «Il sole tramontò quattro volte sul suo viaggio e alla fine del quarto giorno, che era il quattro di ottobre del millenovecentoquarantatré, il marinaio nocchiero semplice della fu regia Marina ’Ndrja Cambrìa arrivò al paese delle Femmine, sui mari dello scill’e cariddi». Questo è l’incipit di Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo. Da qui comprendi che la tecnica narrativa è uno strumento sì indispensabile ma non sufficiente. La senti la potenza? L’atmosfera epica, la dimensione cosmica che lo scrittore ha saputo condensare in appena quarantadue parole? Quarantadue! E c’è chi ci è riuscito con molto meno: «Chiamatemi, Ismaele…» l’inizio del Moby Dick di Herman Melville.

Dimmi ora, sei pronto a diventare uno scrittore? Tu continui come a ripetere “Ba, be, bi, bo, bu” ma lo sai che le vocali non sono innocenti? Le vocali, caro ascoltatore, sono cariche di significati simbolici, di implicazioni allusive. Lo sapevi? La vita può sbagliare, l’arte no. Nella vita domina la casualità, nell’arte la necessità. Nel momento in cui decidi di scrivere la responsabilità è grande. Sai cosa diceva Vittorini? “Uno scrittore autentico deve vivere non di compiacimento, ma di inquietudini”.

Il tempo è terminato, ma voglio darti un ultimo consiglio: curiosità. Quando non hai una forte curiosità per quello che stai scrivendo, per quello che stai scoprendo attraverso la scrittura, significa di solito che hai imboccato un vicolo cieco, che stati replicando te stesso, che stai ripetendo quello che sai già.

Ascoltatore

Lo scrittore s’è congedato gentilmente. Leggi molto, mi ha detto, leggi ogni giorno, ruba tempo al tempo. In verità non ho capito cosa volesse dire, però domani mattina vado in biblioteca e prima o poi …

Bibliografia:

Giuseppe Pontiggia, Dentro la sera. Conversazioni sullo scrivere, ciclo di incontri in diretta che lo scrittore tenne per Radio Rai nel 1994

Giuseppe Pontiggia, Per scrivere bene impara a nuotare, Mondadori, Milano 2020

Richard Yates, Costruttori in Undici solitudini, (trad. di Maria Lucioni) Minimum Fax, Roma Anno 2006

Stefano D’Arrigo, Horcynus Orca, Rizzoli, Milano 2017

Herman Melville, Moby Dick, Feltrinelli, Milano 2013

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Scritto da
Mimma Rapicano
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