Vediamo ciò che conosciamo

Vediamo ciò che conosciamo

Uno degli equivoci più diffusi in ambito editoriale riguarda tre parole: “successo“, “vendite” e “qualità“.
Si tende a considerare un libro di successo quel determinato volume che sia più venduto di tanti altri e per proprietà transitiva se ne deduce che sia un buon libro, un libro di qualità.
Se dovessimo tenere conto di questo principio Pierre Jourde dovrebbe ritenersi meno bravo di Erin Doom, Ezio Sinigaglia non dovrebbe reggere il confronto con Ilaria Tuti e Carmen Pellegrino sparirebbe dinnanzi a Chiara Gamberale. E i libri dei primi reputati meno considerevoli dei secondi.
In realtà, al di là della complessa ridda di situazioni e meccanismi, occorrerebbe tornare a chiamare le cose con i loro veri nomi e a focalizzare il principio che più vendita equivalga a un “successo” commerciale, non letterario.
Se Jakuba Katalpa (splendida scrittrice ceca) in Italia vende in minor quantità di Gianrico Carofiglio, non è perché i suoi libri o la sua scrittura siano meno apprezzabili di quelli dell’autore italiano, ma perché in un contorto e stupido gioco di numeri il secondo riesce a piazzarsi in classifica. La prima, bene che vada, la legge una nicchia.
Ecco, dovremmo cominciare a tenerlo a mente. E anche il principio per il quale più un testo resta in classifica e meno valore ha.

Una comunicazione frantumata e orizzontale, già omogeneizzata, pretende che il ritornello maggiormente diffuso sia di offrire al lettore il predigerito, una pappa facilmente assimilabile che provenga sempre dagli stessi soggetti editoriali (che controllano il mercato) e che fidelizzi, rassicurando il lettore di una presunta capacità di codifica. L’equazione è: più livelli verso il basso e più lettori raggiungerai.

Il populismo, il sospetto verso la cultura, l’impoverimento linguistico hanno scalzato il libro dal podio della conoscenza e la stragrande maggioranza degli editori, soprattutto quelli grossi, l’ha assecondato.

In Italia i testi più venduti ci dicono molto della popolazione, dominata da una pulsionalità che deve trovare sfogo in un godimento immediato e infantile.
Le classifiche di vendita assolvono a questo compito compiacendo la pruderie spicciola dei lettori, disabituati alla comprensione di un linguaggio polisemico, ingaggiando un patto con l’ovvio, rincorrendo le mode del momento sapientemente somministrate.

Più che conoscere ciò che vediamo noi vediamo ciò che conosciamo”, diceva Goethe, preconizzando l’abitudine a una mancata ricerca della conoscenza garantita da un sistema che premia la mediocrità esposta, inseguita, vezzeggiata, inguantata, patinata, da rilegare in brossura mediatica pronta alla mercificazione.

L’apparato tiene il lettore in un infantilismo protratto legato alla reiterazione all’acquisto pulsionale di libri “dalla volgarità dell’immaginazione, dalla banalità della trama e dalla mediocrità dello stile”.
Affinché si concretizzi il sogno del lettore infantilizzato, capace di suggere dal seno editoriale vizzo, il meccanismo che sottende alle classifiche di vendita si rivela un validissimo strumento di persuasione delle masse.

Chi pensa di desumere da esse la qualità letteraria e soprattutto i dati effettivi del venduto si ritrova davanti a classifiche stilate in base a un algoritmo, su proiezioni di vendite di un campione di librerie sparso sul territorio nazionale, il cosiddetto “circuito di Arianna” e dunque visibile solo agli iscritti. Ma nemmeno in quel caso si saprà con esattezza il numero di copie vendute. D’altronde è ipotizzabile influenzarle sia positivamente che a fini di lucro. Modus Legendi, in uno sforzo teso a sostenere la buona editoria e la buona letteratura e dunque a influenzare positivamente le classifiche, si è rivelato un progetto virtuoso attraverso il quale i lettori hanno scoperto dei testi di editori indipendenti (che altrimenti avrebbero corso il rischio di non arrivare al pubblico), li hanno votati e poi hanno scelto di acquistare in massa il vincitore. Se tanti lettori comprano nella stessa settimana lo stesso libro la loro diventa un’azione politica e culturale di sostegno alla lettura. Con quattro edizioni felicemente andate a buon fine, l’iniziativa si è imposta come la più originale azione di valorizzazione della letteratura di qualità. Basta scegliere. Scegliere ciò che si capisce a ciò che si preferisce.

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Scritto da
Angelo Di Liberto
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4 commenti
  • Bellissimo articolo che evidenzia tutta la pochezza morale e letteraria di molti libri di successo.Bravo Angelo che hai dato vita a Modus Leggendi che permette ai lettori di scegliere libri di qualita.

  • Grazie Angelo per questo articolo. Le iniziative di Modus Legendi hanno dimostrato che un’alta lettura è possibile, ed è proprio grazie a Modus Legendi che ho scoperto diversi grandi autori, oltre all’ultimo Premio Nobel. Giustamente sottolinei il problema dell’editoria “maggiore”, che, come ben scrivi, è solo una faccia della medaglia. La maggior parte dei lettori non ama uscire dalla propria zona di conforto, non è attenta alle proposte meno pubblicizzate, non si appassiona a storie che hanno luogo in altre latitudini. Da qualche tempo ho aperto un mio blog, all’interno del quale curo la rubrica “Libri nascosti”, dove cerco di proporre libri di case editrici indipendenti, o che comunque non hanno ottenuto l’attenzione che (secondo me) meriterebbero. Uso Facebook per diffondere gli articoli del blog. Non puoi immaginare quanta gente metta “like” all’articolo senza nemmeno aprirlo. L’editoria, in particolare la “grande” editoria, arreca danni notevoli per la quantità di libri senza qualità che sforna quotidianamente, ma molti lettori come noi hanno gli anticorpi per opporci a tutto questo, come Modus legendi ha ampiamente dimostrato. Siamo troppo pocho, è una battaglia impari, ma non ci arrendiamo e continuiamo a resistere.

  • Ormai la letteratura italiana si è cosi immiserita che alle fiere dei libri non si pubblicizzano più romanzi, ma saggi. Basti vedere l’elenco degli ospiti di A Tutto Volume 2023 a Ragusa: nessuno presentava un romanzo. Ma d’altronde questo giochino di costruire libri sciatti e ruffiani a tavolino non può durare in eterno. Se l’inventiva degli autori veri viene immiserita e non ha potere di astrazione e catarsi, ovvio che la cronaca diventa più interessante visto che è sempre imprevedibile e non ha deus ex machina chiamati editor ( o azionisti). Grazie per questo spazio che è più di uno sfogo.