La cucina editoriale (III parte)

La cucina editoriale (III parte)

Anche il prezzo di copertina è politico, ma cosa c’è dietro? Come viene calcolato?

Eh, bella domanda! Cosa c’è dietro il prezzo di copertina di un libro? C’è un mondo!

È più o meno quello che c’è dietro a qualsiasi prodotto, se non che l’ostacolo più difficile da accettare e da superare è quello della forma mentis di chi acquista.

Mi sto infilando in un ginepraio e probabilmente serviranno vari episodi per comprendere bene tutte queste implicazioni. Possiamo convenire comunque sul fatto che ogni prodotto per essere realizzato abbia dei costi fissi e dei costi variabili?
Ebbene, se devo produrre un hamburger o delle patatine fritte avrò dei costi dati dalle materie prime, di maggiore o minore qualità: patate fresche o congelate e preconfezionate; tipo di carne o hamburger preconfezionati; olio per friggere che andrebbe cambiato ogni volta che si rende necessario; involucri e materiali di confezionamento; tipi di salsine (ce ne sono di varie marche).
La stessa cosa vale per una pizza, per un paio di pantaloni, per un orologio, per una sedia, un divano, un materasso o un lampadario. Conveniamo anche sul fatto che per un libro valga una modalità equivalente, ed è dunque naturale che i fornitori, per la produzione dello stesso, siano soggetti alle medesime dinamiche. Ne consegue allora una serie di scelte: una carta piuttosto che un’altra, una tipografia anziché un’altra, e via discorrendo, sino ad arrivare al redattore esperto o alle prime armi e al grafico super gettonato anziché uno super bravo che però non è conosciuto (elemento da non sottovalutare).
Lo scrittore tecnicamente viene considerato come un “fornitore”. Qui abbiamo casi di autori che aspettano di vedere le vendite (senza nulla sapere dei resi, ma questo è un discorso che rimandiamo alla prossima volta) e stipulano contratti con royalties, e altri scrittori che chiedono un anticipo a valere sulle royalties che matureranno. Nel caso di scrittori stranieri ci sono i diritti che vanno comprati a cui si aggiunge il costo della traduzione (in alcuni casi le traduzioni sono sostenute con contributi provenienti dai paesi d’origine). Poi, per ogni tipologia di prodotto possibile e immaginabile – e vale per tutti -, ci sono i costi fissi del produttore (affitto, luce, etc…) e i costi variabili. Qui ritroviamo, per esempio, le spedizioni (corrieri) che dipendono dalla quantità delle movimentazioni di logistica. Infine, esistono altri ulteriori costi, che per un testo sosteniamo e per un altro possibilmente no, dipende dalla strategia di marketing e di promozione e anche dal fatto che si scommetta su un libro trainante rispetto a uno che non è.

Il punto di partenza è collegato all’obiettivo che si vuole raggiungere. Infatti possiamo avere un hamburger di alta qualità a 7-8 € e il classico hamburger Mc Donald “Big Mac” a 4,53 €, o un Double CheeseBurgher a 2,36 €, giusto per inquadrare la situazione. In ogni caso vi invito già a una riflessione su ciò che ingurgitiamo. Nessuno regala niente. Se un hamburger lo si paga 2,36 € non oso nemmeno immaginare di che ingredienti sia composto! Ma il punto è che, una volta calcolati i costi, è facilmente logico dedurre il rapporto tra prezzo di vendita e qualità.

Per un libro non è così, perché è un prodotto che porta con sé tantissime variabili e problematiche afferenti. 

Ciò che accomuna un libro a un hamburger è l’abitudine del consumatore e qui subentra il tema caro sia a me che a Modus Legendi e spero anche a voi che leggete queste righe.
Sapete perché? La questione è sempre legata alla qualità.

Miraggi Edizioni produce libri di alto profilo, con tirature controllate (determinate in base alla prenotazione iniziale, alla richiesta quindi, facendo una tara di preventivo). Pubblicazioni che hanno evidentemente costi più alti. Ma questo è difficile da fare arrivare a un lettore qualunque, perché per i lettori i libri sono libri e si equivalgono. Invece NO! Un libro Mondadori o Giunti non può essere paragonato, perché i costi di stampa variano in base alle tirature. Per esempio, stampare lo stesso libro in 500 copie non è come tirarne 1000 o 5000. La forbice di guadagno di conseguenza si assottiglia o si allarga al variare della tiratura.
C’è un bellissimo libro di André Schiffrin che ho letto e studiato, in cui l’autore confessa, consiglia, spiega meticolosamente che il giusto prezzo di copertina di un libro sia rappresentato dai costi di stampa, che devono costituire 1/7 del prezzo di copertina (il costo unitario di stampa moltiplicato per sette). Dopo decine e decine di studi fatti posso affermare che il guadagno dell’editore sia sempre risicato anche se la proporzione è giusta.
L’unica complicazione è che se il costo di stampa diminuisce vistosamente per via di una tiratura alta o altissima, il prezzo di copertina rimane comunque in linea con la media di catalogo e di mercato per aumentare la forbice di guadagno. Anche questa dinamica è importante ed è collegata ai pagamenti (che viaggiano in media tra i 130 e i 180 giorni su ciò che è venduto, a differenza di un hamburger che viene realizzato e pagato seduta stante).

Sapete come viene ripartito in percentuale il prezzo di copertina? Il 20-23% è costituito dal costo di produzione (stampa e lavorazioni varie di redazione). Il 60-62% è rappresentato dagli sconti concessi alla filiera del libro (distributore – con il quale l’editore sottoscrive contratti; promotore – può coincidere con il distributore; librerie). Fra il 6 e il 10% è ciò che viene concesso all’autore. Quello che rimane va all’editore. Dimenticavo che diversi distributori (non nel nostro caso), tra i più conosciuti nel settore, aggiungono una penale di circa il 3% sui libri che superano una certa soglia di reso (libri venduti e poi tornati indietro).

Io ho capito una cosa importante, che il successo di un editore è basato sul proprio catalogo e questo deve continuare a vendere negli anni e non solo nei 60 giorni dall’uscita del libro, e che il prezzo di copertina deve corrispondere al valore del testo: robusto come una sedia che ti deve sorreggere; appetitoso come un hamburger sano e genuino; figo come un orologio da mostrare a tutti e di cui essere fieri; comodo come un paio di pantaloni perfetti; rilassante come un divano o un materasso; leggero come una pizza fatta ad arte (nel caso del libro scritto ad arte).

Ma sapete realmente cosa significhi la parola “reso”? La prossima volta entreremo nel dettaglio. Per ora vi lascio solo un indizio: bevete latte fresco?
Continua…

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Scritto da
Fabio Mendolicchio
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