La cucina editoriale (XVIII parte)

La cucina editoriale (XVIII parte)

Rammentate quando raccontai di quanta immondizia si produce? Era la prima puntata de La Cucina Editoriale, se non ricordo male, e se vi dicessi che la carta che va al macero è quella che inonda le classifiche di vendita?
È di circa di due-tre settimane fa la notizia che il Gruppo Mondadori ha comprato metà della DeaPlaneta che era già un “accrocchio” di DeAgostini, che era stata acquistata a sua volta da Planeta, il più grosso gruppo editoriale spagnolo. Non sazi, si sono presi il 50% della distribuzione ALI dove stavano confluendo i più importanti piccoli-medi editori indipendenti italiani (noi di Miraggi ci stavamo facendo un pensierino ma eravamo ancora in fase riflessiva) che scappavano dallo squalo Messaggerie Libri anche conosciuto come MeLi.

Ma non è diverso da ciò che sento dire nella distribuzione alimentare, perché ciò che sta accomunando questi e altri settori è che in regime capitalistico tutto vada per forza in questa direzione. Il punto centrale della questione è che ciò somiglia a una guerra (permettetemelo il paragone), le dinamiche sono le stesse e tu, singolo individuo, devi scegliere da che parte stare.
Puoi comprare pasta di un marchio blasonato, essere convinto che sia di qualità perché te la vendono con la pubblicità che costa migliaia di euro. Non sai più nemmeno chi sia il vero proprietario. Cambia la proprietà di un marchio dalla sera alla mattina, da un giorno all’altro, da un mese a quello successivo e scopri che quella birra che ti piaceva tanto è stata acquisita da un gruppo distributivo che probabilmente ti faceva schifo, oppure no perché si ignorano un sacco di cose.

Torniamo al punto centrale, ovvero che nessuno ti dice niente, il capitalismo tende a nascondere l’informazione, tutto si mescola e nessuno muove un dito… (qualcuno si lamenta, resiste, s’indigna, evita, si ribella) per cosa direte voi? Per evitare di alimentare la giostra capitalistica del nonsense. Io che dico questo vivo da diversi anni la frustrazione dell’impotenza.

La vivo ogni volta che faccio la spesa, mi rendo conto che i 2/3 di quello che acquisto sono immondizia (quindi già pagata una volta) che pago nuovamente per smaltirla. Produciamo immondizia nel nome delle norme igieniche, nel nome dell’estetica, nel nome del marketing, nel nome della sicurezza, nel nome del futuro, nel nome del progresso! I libri si producono in milioni di copie, che gli editori sanno già che finiranno al macero, come lo sanno le testate dei giornali (I Quotidiani!) che stampano un numero di copie superiori al necessario per ricevere i contributi statali.

Nei libri serve a creare fatturato, muovere dieci volte i corrieri e tutta la logistica, che sono il vero affare. Dall’altra parte tutta questa immondizia serve a saturare il mercato, riempendo scaffali, banconi e qualsiasi minimo spazio delle librerie, ma anche gli spazi disponibili sui giornali. Come ben sappiamo, gli stessi gruppi editoriali detengono il monopolio di tutta la filiera, editano e pubblicano, stampano, distribuiscono, vendono e recensiscono.

Le classifiche sono fatte ancora prima che il libro esca, sono fatte sul dato di prenotato che in gergo è denominato SELL IN, ovvero i libri acquistati dalle librerie, dato che determina il fatturato di una casa editrice. Se quel libro non vende è soggetto al diritto di resa da parte delle librerie stesse e quindi torna indietro all’editore. Va verso il macero. La legge commerciale vigente nel circuito editoriale, sottintesa e automaticamente condivisa e a cui si sottostà, è che la vita media di un libro sia di 60 giorni.

Per me è una obbrobriosa e abominevole follia. Non è accettabile che tutto il lavoro che c’è dietro a un libro venga tritato e masticato (per usare due termini gastronomici) secondo questa dinamica tutt’altro che qualitativa. Occorre spostare l’asse e il punto focale dei propri valori e vale per la cucina quanto per l’editoria. Vale per la vita stessa. Non mi stancherò mai di dirlo e di lottare fino alla fine dei miei giorni.

Io sto male ad acquistare e portare a casa immondizia, sto male a mandare un libro al macero e sto cercando tutti i modi per evitarlo, vendendo piccoli stock di libri, ma è dura perché non posso contare su una community vasta. Qui l’iniziativa:

https://www.miraggiedizioni.it/prodotto/ecco-come-salvare-i-libri-di-valore-dal-macero/

Oppure dando nuova vita ai libri trasformandoli in altro, come per esempio in lampade libro! Qui se siete curiosi:

https://www.miraggiedizioni.it/uniche-le-lampade-libro-di-miraggi

Siamo noi che facciamo la differenza. Possiamo scegliere di essere vittime e complici del sistema, oppure divenire artefici di un cambiamento.

Io son sempre stato un resistente, dalla parte dei più deboli, grande spirito di sacrificio, tanto studio e dedizione, sempre a favore della qualità. Chi ama l’arte non può sottrarsi.

In ultimo, mi balenava l’idea di trasformare i libri in vasi per i fiori! E che rivoluzione sia! Mettete dei fiori tra i vostri libri.

Che l’euforia alcolica ci renda liberi purché sia alcol di qualità, non dimenticatelo mai, perché se l’alcol è pessimo fa male. Credo che tutti noi abbiamo avuto a che fare con questo, no?

Una domanda: vi piacerebbe se ci confrontassimo dal vivo?

Continua…

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Scritto da
Fabio Mendolicchio
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