Miti personali

Miti personali

È sul senso ossimorico del titolo che si gioca la disputa col tempo in “Miti Personali”, ultimo libro di Matteo Marchesini, uscito per l’editrice Voland.
Lo scrittore, noto per la sua incessante coscienza critica volta alla speculazione su temi, stili e linguaggi, dalle pagine di quotidiani prestigiosi attiva nel lettore quel processo mimetico, prezioso e quanto mai essenziale, strutturandolo in analisi che sono delle vere e proprie lezioni letterarie.
Già in “Casa di carte” il dispositivo oratorio rifulgeva per vibrazione esautorante di certa narrativa italiana che non costruisce più la propria tradizione ma subisce quella altrui in un’acquiescenza prefabbricata.

Probabilmente, alla base del suo ultimo libro, per reazione vi è nell’autore la necessità di riandare alle origini e frugare nei miti la personalizzazione di una voce, la risistemazione di idee e sentimenti.

Con una lingua che si libera spesso della punteggiatura, vista come una fastidiosa costrizione a non dire, Matteo Marchesini sfodera l’arma dell’indagine, dello scandaglio agrimensoriale, alla volta di territori conosciuti eppure non più abitati, o abitati per sbaglio.

I suoi personaggi fanno parte di una categoria ipnotica, acquistano una corporeità solida, materica, sono molto umani, tangibili. Si muovono come in preda a una compulsione, non possono che essere perché qualcuno li ha già agiti, ma di colpo Marchesini ne fa dell’altro. L’impossibilità di diventare adulti, l’eterna fanciullezza, l’incompiutezza anche dinnanzi alla maturità. Narciso e Kant, volti speculari di una stessa medaglia senza valore, Leopardi e Ulisse e il dubbio dell’impostura.
Joseph Campbell sosteneva che i miti fossero la metafora di ciò che sta dietro il mondo visibile e Marchesini incarna in pieno questo principio, inducendo il mito a esistenza. Dietro la grande maschera del mago vi è un homunculus motorio monco, una creatura divenuta, trasfigurata, posseduta da una nuova forma che non può che essere quella personale.

Questi eterni ragazzini, questi vecchi che regrediscono a una condizione infantile rimandano a una nuova creazione di senso del mito.

Cosa è mito oggi? E cosa lo identifica? Lo scrittore sembra dargli significato attraverso una personalizzazione delle figure mitiche, in questo inurbando i personaggi creati in una cromosfera visibile solo in certe condizioni di luce o, se si preferisce, di buio.

Gesù è tale solo se sostanziato nell’episodio adolescenziale del tempio, lontano dai genitori e mai più così vicino. Orfeo è prima di sé nell’essere superato da Euridice. Edipo è fuori scena perché non esiste cornice simbolica che possa contenerlo, piuttosto vi è una madre occultatrice.

E se nella prima parte del testo vi sono racconti ascrivibili al lembo conosciuto del mondo, nella seconda sezione, l’unico racconto possibile è il quotidiano, quello che ci assomiglia di più e si basta.

E di conoscere, anche, che bisogno c’è mai di conoscere quando si è tutto tutto? Soltanto chi non è, soltanto chi non è ha bisogno di conoscere… Eppure no, lui non è ancora tutto se gli è rimasto uno stupore da straniero davanti a quella gente…

È il Kant di Marchesini ma è ciascuno di noi nella mente che si scioglie, che liquida il pensiero. È il mito personale, come indizio del nostro potenziale spirituale più profondo.

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Scritto da
Angelo Di Liberto
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