Ai ragazzi ripeto che solo la conoscenza e la cultura permettono di capire e quindi di vivere da uomini liberi
Quando nell’ormai lontano 1997 Peter Greenaway debuttò a Salisburgo, in teatro, con il suo “100 oggetti per rappresentare il mondo”, in aperto contrasto con l’atteggiamento degli americani che da Cape Kennedy nel 1977 avevano lanciato nello spazio due satelliti Voyager, con all’interno dei materiali che descrivevano arbitrariamente la vita sul nostro pianeta, nell’ipotesi di un contatto con qualche intelligenza aliena, sulla scena due attori nudi, Adamo ed Eva, con l’ausilio di oggetti, luci, tecnologia e elementi naturali delinearono narrativamente la vita sulla Terra. Un elenco tassonomico di simboli, materia, carne per ricreare sul palcoscenico il quotidiano in cui ci ritroviamo a vivere, ma con uno sguardo alla Creazione e un altro alla distruzione.
Esattamente 25 anni dopo, cento capitoli di un libro ripensano il cosmo: “Gradini che non finiscono mai”. Cento ritratti di attività, formule, persone, scienze, allegorie, sentimenti, studi, viaggi, luoghi che il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, attuale presidente del Comitato Tecnico Scientifico del Museo della Scienza di Roma, e lo scrittore, drammaturgo e giornalista Piergiorgio Paterlini scrivono a quattro mani “Vita quotidiana di un Premio Nobel”, alle prese con la ricerca teorico-pratica della complessità.
Un libro che è una partitura musicale con le note dell’esistenza, della fisica, della memoria e della fiducia nella scienza.
Si va dai primi anni sino al Nobel, concentrando il nucleo narrativo in una prima parte memoriale, in cui prendono corpo i ricordi familiari, gli spostamenti, gli studi, le collaborazioni, i mentori per approdare a un corpo pluritematico, nella seconda parte del testo, che spazia tra la sostenibilità del pianeta Terra e il cambiamento climatico, la responsabilità della politica, gli investimenti per la formazione e la ricerca, il linguaggio come creatore del pensiero, il senso del tutto, l’esistenza, la misura del benessere, la giustizia sociale, l’accesso alla formazione, l’ottimismo della volontà.
Lo sforzo di capire l’universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po’ della dignità di una tragedia.
Non v’è capitolo che non proceda con la misura della parola salda, cristallina, curata nella sua volontà di rappresentare al meglio ogni concetto e sentimento. Piergiorgio Paterlini utilizza una punta di diamante per unire i puntini di una biografia fantastica, oltre i limiti del suo talento, già dimostrato nell’autobiografia a quattro mani con Gianni Vattimo e nella fortunata ed eclettica bibliografia, da “Ragazzi che amano ragazzi” a “Bambinate”.
Paterlini chiama Parisi. Sembra una vocazione alla percorribilità dell’inconoscibile e diviene una passeggiata tra gli alberi della conoscenza, alla scoperta della vita, dell’universo, rendendo il pubblico dei lettori protagonista di una legenda che, punto dopo punto rivela Giorgio Parisi: l’uomo, il marito, il padre, lo studente, il ricercatore, il professore, il politico, il sognatore.
L’arcano incantatore con il “vizio” della scienza, della fisica teorica che impara a leggere i numeri prima che le lettere; che da piccolo preferiva stare da solo, un po’ diverso dagli altri per interessi e indole; che prende a calci un lampione; che aveva letto tutta l’enciclopedia UTET e Linus; che scopre la passione e l’emozione per la matematica tra gli undici e i dodici anni; che guarda all’aspetto magico, all’emozione del segreto per un quaderno di calcoli che nessuno sa; che non capiva le battute a base di parolacce; che comprende che può studiare professionalmente la fisica dopo il primo anno di università, momento in cui la sua vita cambia e il sociale irrompe con le frequentazioni con Paolo Zampetti, Lucilla Sansonetti, Luca Peliti e Marco d’Eramo.
La politica è un nuovo gradino della maturazione, il passaggio dal liberalismo al Comunismo, i viaggi a Parigi, New York, Pechino. Il sodalizio con Nicola Cabibbo, mentore amato e sfiorato dal Nobel. Il matrimonio con Daniella incontrata la prima volta davanti alla Facoltà di Fisica.
Quando vince il “Premio Nonino” dichiara: “Sono molto onorato di ricevere il prestigioso Premio Nonino, anche perché questo premio è un segnale che in Italia la separazione tra le due culture, quella umanistica e quella scientifica, sta diminuendo”.
L’amicizia con Daniel Amit, uno dei primi grandi teorici delle reti neurali, che Parisi avrebbe voluto proporre per il Nobel, ma che è mancato a neanche 70 anni. L’incontro e l’amicizia con Ignazio Silone e Luce d’Eramo, che usavano la letteratura per spiegare il mondo.
I problemi di meccanica statistica, la fisica delle particelle, la costruzione del primo acceleratore di Frascati e Giorgio Salvini, le equazioni Altarelli-Parisi, la risonanza stocastica, i vetri di spin.
“Mi sono reso presto conto che quello sui vetri di spin era il mio contributo più originale alla fisica”.
E se la nascita dei figli Lorenza e Leonardo cambia completamente la vita di Parisi, dall’altro l’interesse del fisico per i grandi temi dell’umanità si fa cogente.
Il nucleare, le ragioni della scienza a difesa dell’ambiente, il fine vita, la truffa dell’agricoltura biodinamica, il disarmo, il finanziamento alla ricerca e il rapporto coi governi nazionali, la complessità.
La negazione della complessità è l’essenza della tirannia.
La misura del benessere presa in considerazione solo per mezzo del Pil non rileva la dignità di una vita vissuta.
Ma su tutto il linguaggio, che influenza ciò che pensiamo.
Il linguaggio non è solo un modo per comunicare ma permette anche di trasmettere una rappresentazione simbolica del pensiero.
George Bernard Shaw diceva: “L’uomo saggio si adatta al mondo, l’uomo pazzo cerca di cambiare il mondo per adattarlo a sé stesso. Quindi tutti i cambiamenti vengono dagli uomini pazzi”.
E nella follia vi è la più alta dimostrazione d’amore. Come il Piccolo Principe, che l’aveva imparato sulla Terra aspettando il ritorno dell’aviatore solo.