L’insostenibile desiderio del corpo

L’insostenibile desiderio del corpo

Identificarsi in un corpo e spingerlo sino ai limiti dell’ossessione. Leggendo “Kurtz” di Jean-Marc Aubert, tradotto da Federica e Lorenza Di Lella e pubblicato da Prehistorica Editore, si ha la sensazione di essere carne in putrefazione. Esposta magari dietro la vetrina del più raffinato macellaio francese, ma pur sempre ostensione mortifera. Le luci rischiarano venature e grassi, colature e colore. Nulla restituisce vita all’immobilità del corpo. Non a caso l’esergo posto a inizio della storia recita: «Mistah Kurtz – lui morto», che fa riferimento al commerciante di avorio di “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, venerato dagli indigeni per la sua mole imponente e la sua voce, e che nel libro di Aubert assume le sembianze del pene del protagonista, di cui, peraltro, non conosceremo mai il nome. L’esposizione dei corpi, la mania dei corpi, la dimostrazione dei corpi come misura d’inizio e fine. Odore, colore, consistenza, in luogo del desiderio, del lirismo, del romanticismo, dell’ossessione filtrano la vicenda di un uomo dalla vita ordinaria, non interessato più di tanto al sesso, non molto brillante né ironico, tutt’altro che avvenente, scontato, quando conosce Laure attraverso Jacques, un amico comune.

… le loro manovre di abbordaggio e di seduzione che mi interessano in sommo grado e il più delle volte mi sorprendono per la loro grossolanità. Mi riferisco alla grossolanità del desiderio che rende immediatamente oscene le frasi allusive e i taciti accordi tra futuri amanti.

Laure donna avvenente e libertina, in antitesi, richiama la Laura di Petrarca e quel dissidio tra corpo e spirito, ma siamo in un’altra dimensione, che è accecante, erotica, intimamente connessa alla cultura della prestazione, dove tutto deve risultare come per il funzionamento di un congegno preciso, che non sbaglia mai un colpo.

Il protagonista è conturbato da Laure e la descrive analizzando ogni centimetro del suo corpo e delle sue dinamiche di movimento.

A un certo punto, mentre si sta allontanando insieme a Jacques, si ferma per sistemarsi una scarpa. Il gesto (le dita che afferrano il tacco, la gamba piegata all’indietro) lascia intravedere l’interno della coscia rimasta giù. Per un istante la luce del sole si riflette sui collant e sul muscolo interno della coscia. Rimango turbato per il resto della giornata, al punto da dimenticare la consueta monotonia del mio lavoro.

Sembra che il fuoco divampi. È conturbamento per entrambi, scelta di partner, progetto di vita. Salvo che per una clausola: faranno l’amore il 27 maggio alle nove di sera, esattamente cinque mesi da quel momento, non prima. È Laure a dettare questa condizione.
Prima cosa faranno? Parleranno di Joseph Conrad, definito il poeta dell’attesa, interprete della loro relazione attraverso i suoi scritti, decidendo di darsi appuntamento sempre nello stesso locale, una brasserie.
Per Laure la cosa essenziale in un rapporto è la competenza, ma anche le fantasie.
“Ci serviranno per prepararci. Evitiamo di imboccare strade già battute. Facciamo in modo di non restare delusi”.

Tutto diviene misura, inclinazione, prova, teoria, preparazione. L’uomo indirizzerà il suo tempo e le sue energie nell’asservimento del corpo, affinché si ipertrofizzi, nella ricerca della perfezione fisica estrema. Ma non basta. È fondamentale l’ambiente che creerà la giusta intimità. I mobili, i particolari più insignificanti. Qualsiasi cosa deve essere finalizzata al fatidico 27 maggio alle nove di sera.
Cambiare corpo, cambiare ritmi, esercitarsi, ipertrofizzare, catalogare, ripetere. Il protagonista crea una tabella di marcia della trasformazione. Si allena all’incontro portando al massimo del rendimento ogni centimetro del suo fisico. Allena Kurtz che arriva a misure olimpioniche. Affitta un appartamento che ricrea l’idillio ideale. Va a prostitute per potenziare l’afflusso di sangue nel suo Kurtz e raffinare la tecnica sessuale.

Jean-Marc Aubert scrive di corpi con una lingua ironica e tagliente, proiettando il lettore in un’atmosfera intrigante, capricciosa, ossessiva ma mai noiosa. Tiene la lancia in resta anche nei momenti più difficili, dimostrando un’invidiabile dote di narratore sorvegliatissimo. Se la follia controllata di un uomo è l’esatta misura della prestazione del suo corpo, cosa accadrà alla sua anima?

In questo vuoto relazionale da riempire col sesso, senza il quale non si avrebbe nulla da condividere, nell’illusione che possa fungere da unico elemento collante, la spasmodica ricerca del fisico perfetto è la dimensione ultima di chi non ha più nulla da dire.

Se uno ha fatto 195 trazioni, ne può sicuramente fare altre cinque, e magari anche sei, chi può dirlo… Duecento trazioni, record battuto. E io, trionfante, nel cuore di tenebra!

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Scritto da
Angelo Di Liberto
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