Tutte le promesse

Tutte le promesse

Tutte le promesse, di Raffaele Mozzillo, effequ editore

“Tutte le Promesse”, di Raffaele Mozzillo, ed. effequ.
È una storia di degrado, di abbandono, in una delle tante città italiane in cui il male viene scelto come unica possibilità e il discrimine è una frontiera remota.
La vita di tre adolescenti qualunque, colonizzata da distorsioni di senso e di valore. Lello, Mariarosaria e Feliciano avranno sì e no quattordici anni, vivono in un paesino del napoletano e si riuniscono nel Fosso, una fogna a cielo aperto che divide la zona vecchia da quella nuova e fa da spartiacque tra il centro storico e le palazzine costruite in fretta per sfruttare al massimo la speculazione edilizia. La scuola per loro è la pausa tra una domenica e l’altra e la religione funge da deterrente ormai inoffensivo.
Il Fosso è pietrisco, munnezza ed escrementi. I tossici ci si fanno il pomeriggio e qualcuno ci muore anche.
A metà degli anni ’80, cavalcando sogni su Bmx, spingono sul pedale del pericolo, sfidano la paura, la camorra e un regolamento di conti. Lello e Mariarosaria hanno assistito all’uccisione di Michele Giacchetta, padre di Antonio Pisciasotto. Il corpo dell’uomo è rimasto nel Fosso per tre giorni. Nessuno ha visto niente. La morte scorre inesorabile nell’indifferenza. L’uomo è stato ritrovato dalla moglie ma, mentre cadeva perforato dai colpi di pistola, Lello premeva le mani sulle orecchie di Mariarosaria assiderata dalle immagini di sangue e dalla puzza di carne bruciata.
Le vite dei tre ragazzi si consumano tra spinelli, fughe al mare, scuola, chiesa e famiglie disastrate. Nel frattempo nonna Parolisi sgrana il suo rosario, e scandisce il tempo della preghiera rivolgendosi alla Madonna affinché liberi dal male il nipote e quanti gli vogliono bene.
Raffaele Mozzillo crea un’opera narrativa in cui il viaggio dell’uomo s’infrange nelle circostanze e si sostanzia di tenebra e latitanza.
La sua lingua dirozza una materia ostile e plasma le anime oppresse di chi non è mai abbastanza forte da sopportare la tirannia del male.
L’autore non indulge sul pessimismo, non vi è traccia di resa o disfatta incondizionate. Ciascuno dei suoi personaggi principali vive, desidera, lotta, fa i conti col demone infetto del luogo in cui è nato.

Quant’evveroiddio io veramente non ci volevo nascere qui. In tutti i modi, visto che è andata così, che in questa vita mi sono ritrovato a passare di qui, come per caso, debbo sopravviverci. Ma non sempre, giusto il tempo di darmi una scadenza e rispettarla.


Perché siamo segnati da ciò che nasciamo in un tempo e in un luogo rastremati verso l’eternità. Ed è inutile ogni singola promessa terrena, il Fosso è un “Golgota inverso”, una dimensione cruciale e autocratica che non conosce misericordia. Il rapporto dei personaggi con la religione è sincretismo misterico che si alimenta di superstizione e storicismo.
Raffaele Mozzillo suddivide i capitoli del suo libro in quindici promesse, tutte quelle che il frate francescano Alano della Rupe ricevette in dono dalla Madonna, durante delle apparizioni, nel 1475.

Coloro che mi serviranno con costanza recitando il Rosario riceveranno qualche grazia speciale.

È una storia apocrifa, destini consacrati all’illusione di posti nuovi e diversi, di mondi migliori. Esseri trascinati al di là del confine della propria giovinezza infranta, questo sentimento di accorata crudeltà che pervade il romanzo reifica i corpi attraverso la sofferenza della carne.
Lello e Mariarosaria si amano, sono là, seduti sulla panchina, a giocare con le loro teste, a pressare le loro carcasse, con una bottiglia di gassosa Arnone in una mano e un pacchetto di Malboro rosse di contrabbando nell’altra. Sono lì tutto il tempo che serve per non scomparire. È l’alba, fanno un paio di tiri ciascuno, un sorso di bevanda frizzante, e l’affetto ora appare superfluo.

A un certo punto della tua giovinezza muori come se di anni ne avessi novanta, è come se ogni ora sanguinasse nella successiva, così i giorni e tutto il resto, e gli occhi si stringono, diventano due fessure che non fissano più niente,

c’è solo il vuoto e ancora quelle promesse, tutte le promesse.

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Scritto da
Angelo Di Liberto
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