La cucina editoriale (IX parte)

La cucina editoriale (IX parte)

Dicevamo delle etichette. Ebbene sì, quanti prodotti troviamo sugli scaffali dei supermercati che riportano scritto sulla confezione grandi qualità, come per esempio i biscotti con il cioccolato fondente che, per definizione, (se guardi negli ingredienti ci trovi scritto che è fondente al 50%) cioccolato non è? Eppure scrivono grosso sulla confezione “CON CIOCCOLATO FONDENTE”. Per fare un altro esempio, se compri le pastiglie detergenti per lavastoviglie 3 in 1 o quelle ecologiche, scopri che gli ingredienti sono gli stessi. Siamo “bombardati” da etichette alimentari attraenti, belle confezioni, descrizioni come “naturale”, “tradizionale”, “artigianale”, “ricco di frutta”, “con farina integrale”, ecc. Tutte indicazioni utilizzate solo per invogliare il consumatore ad acquistare prodotti industriali.
Per le aziende alimentari le etichette costituiscono uno strumento fondamentale per comunicare con i consumatori, ma le informazioni fornite sulla scatola dovrebbero risultare corrette e accurate. Per tale motivo dovrebbe essere imprescindibile avere delle regole chiare per l’etichettatura di cibi e bevande, ma non solo, per evitare di ingannare i consumatori sulla reale natura di ciò che acquistano.

Allo stesso modo, anche le fascette applicate ai libri e la quarta di copertina sono strumenti imprescindibili per il lettore e dovrebbero servire a indirizzarlo e non a fregarlo. Eppure, spesso anche i libri tendono a essere soggetti a logiche di propaganda commerciale e a non rispettare chi legge.
Lo sapete bene che enfatizzare troppo può creare aspettative che poi rischiano di lasciare il lettore deluso, perché i contenuti del testo non sono all’altezza di quanto strillato (si chiama strillo commerciale) in fase di vendita o, peggio, impresso addirittura sulla copertina stessa. L’editore dovrebbe essere rispettoso dell’oggetto che crea, sennò trattasi di un ammasso di semplice carta stampata (neanche troppo bella), rilegata alla meno peggio, purché costi il meno possibile, il tutto giustificato dal fatto che una volta venduto chi se ne fotte…

Il libro è un oggetto sacro per quel che mi riguarda, alla pari di un litro di olio extravergine d’oliva, ma pretendo che sia fatto con le olive e realizzato con tutte le attenzioni possibili.

La copertina deve essere un tutt’uno con il testo che leggerò, deve contenere informazioni estetiche che gusterò leggendo, deve rispettare cura e maestranza delle cose fatte per bene, perché anche questo è elemento formativo, socialmente formativo.

Invece siamo continuamente avvelenati, che neanche più ce ne accorgiamo, come quando mangiamo un dolce e pensiamo che il dolce debba essere estremamente dolce. A proposito lo sapete che lo zucchero è un veleno?

Continua…

Leggi l’VIII parte dell’articolo

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Scritto da
Fabio Mendolicchio
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