La cucina editoriale (XI parte)

La cucina editoriale (XI parte)

ritengo che la vera narrativa sia fatta da autori che scrivono per sottrazione. Come nella cucina, occorre imparare per dimenticare poi tutto?

Un giorno di circa vent’anni fa, uno chef con il quale (e per il quale) lavoravo mi chiese: “Sai preparare la besciamella per il flan di spinaci?”. Risposi di sì. Bene. Andai a prendere gli ingredienti nella dispensa e mi accorsi che mancava il latte e la noce moscata. “Chef, manca il latte e anche la noce moscata”. Quindi, mi disse: “Che facciamo?”. “Non facciamo”, risposi io. “Caro mio, la scuola va bene ma quando impari qualcosa poi dimentica, cerca di andare oltre sennò rimani piantato lì, solo sulle cose che sai fare, ma se succede un imprevisto non sai risolverlo e in ogni caso non evolvi, non migliori, non trovi la tua strada!”.

A farla breve, quel giorno preparai il flan direttamente con acqua e spinaci, su sua indicazione. Ovviamente senza noce moscata, senza burro e solo con olio extra vergine d’oliva e farina. E quel giorno imparai che occorre dimenticare ciò che si è imparato e che il sapore vero degli alimenti sta nella loro semplicità. Bisogna imparare e poi lasciare ciò che si è imparato, liberarsi dagli obblighi e dalle sovrastrutture. Esistono le ricette e le basi classiche ed è fondamentale conoscerle, ma poi è necessario dimenticarle per avvicinarsi all’essenziale.

Personalmente amo la lettura essenziale, come quella contenuta nella scrittura di Bianca Bellová ne “Il Lago” o di Luca Ragagnin in “Pontescuro”, ambedue pubblicati da Miraggi. Quella di Samuel Beckett, Ágota Kristóf, Peter Bichsel, Friedrich Dürrenmatt. I racconti di Kafka.

Non che sia metodo esclusivo ma di base credo che serva non rimanere schiavi delle proprie nozioni. Le nozioni sono fondamentali, per esempio per trasformare gli errori in qualcosa di nuovo. Basti pensare a tanti piatti tradizionali divenuti popolari che hanno origine da errori e situazioni casuali, come per esempio la farinata di ceci. Per non parlare della pappa al pomodoro!

Quello chef poi mi confidò che appositamente non aveva acquistato il latte e la noce moscata perché nel 90% dei posti dove mangi un flan, hanno tutti lo stesso sapore, quello della besciamella con la noce moscata e non di spinaci.
Avevo imparato una cosa elementare che nessuna scuola t’insegna, nemmeno quella di scrittura, che il flan di spinaci deve sapere di spinaci!
Quel giorno feci il flan direttamente con acqua e spinaci, senza noce moscata, senza burro e solo con olio extra vergine d’oliva e farina. Da allora non ho mai più usato il latte e la noce moscata.

Al maestro rubai altri segreti, come quelli delle proporzioni degli impasti e da lì imparai a leggere in mezzo agli ingredienti dell’editoria e a capire che l’editoria è un mestiere in perdita. Sapete dove sta il guadagno? Continua…

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Scritto da
Fabio Mendolicchio
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