La cucina editoriale (X parte)

La cucina editoriale (X parte)

Invece siamo continuamente avvelenati, che neanche più ce ne accorgiamo, come quando mangiamo un dolce e pensiamo che il dolce debba essere estremamente dolce. A proposito lo sapete che lo zucchero è un veleno?

In natura lo zucchero non esiste anzi, per meglio dire, esiste ma non dissociato dalle fibre, dall’acqua, dalle vitamine, dalle proteine, etc. Il nostro organismo è concepito per assorbirlo in quanto parte del tutto ma non nella forma che conosciamo. Perché ci piace tanto il dolce? Perché il senso del gusto è il guardiano di ciò che mettiamo in bocca e il gusto dolce dei frutti fin dagli albori delle civiltà è associato a sostanze innocue (al contrario dell’amaro) e energetiche.

Ora vi chiedo di leggere attentamente ciò che segue e di pensare alla narrativa che conoscete e spero che l’esperimento vi serva.

Lo zucchero bianco raffinato o saccarosio e tutti gli altri dolcificanti sono un vero e proprio veleno per il nostro organismo. Ve ne spiego il perché. Prima però permettetemi di dirvi che anche la letteratura è piena di zucchero dato che, come quest’ultimo, piace e non si fa differenza tra torte, gelati e biscotti da una parte e narrativa di ogni genere dall’altra. Se alle persone piace il dolce allora si devono dare loro prodotti assai dolci. Nulla di più falso ma, anche se lo abbiamo già detto, lo zucchero, come altri ingredienti, educa il gusto individuale e quello collettivo.

Lo zucchero bianco raffinato crea una forte acidificazione del sangue, costringendo il nostro organismo ad attingere alle proprie riserve ossee di sali minerali per mantenere il PH ematico a un livello normale. Questa demineralizzazione ossea ha come conseguenza l’indebolimento dello scheletro e dei denti con conseguenti carie dentarie e comparsa di artrite, artrosi e osteoporosi.

Inoltre agisce sul sistema nervoso e sul metabolismo, inducendo picchi di stimolazione e ricadute vertiginose, con conseguenti stati di irritabilità, euforia e continuo bisogno di ingestione di altre quantità di zucchero, creando così una forma di dipendenza data appunto dal picco glicemico nel sangue relativo al velocissimo assorbimento dello zucchero stesso. Il pancreas, per far fronte alla situazione, contrasta gli alti livelli glicemici immettendo insulina nel sangue e creando la cosiddetta “crisi ipoglicemica” caratterizzata dalla messa in circolo, da parte dell’organismo, tra gli altri, di ormoni atti a far risalire la glicemia, tra cui l’adrenalina (che è l’ormone per eccellenza dell’aggressività e della difesa). Ed ecco spiegato perché la crisi ipoglicemica crea irritabilità, aggressività, debolezza e infine bisogno di mangiare ancora.
Questi continui “stress” ormonali, con i loro risvolti psicofisici, portano a un esaurimento delle energie e al conseguente indebolimento generale che, a lungo andare, danneggiano il sistema immunitario, in quanto l’esaurimento delle forze e delle energie si traduce in una minore capacità di risposta alle aggressioni e quindi nella tendenza ad ammalarsi.
Non dimentichiamo inoltre che lo zucchero bianco distrugge anche le vitamine del gruppo B, provoca aumento di peso e una maggiore predisposizione a malattie come il diabete.

Il fruttosio DELLA FRUTTA è lo zucchero naturale più adatto all’uomo, poiché mescolato a moltissime altre sostanze (minerali come il potassio, antiossidanti come resveratrolo, vitamina C e quercetina e altre sostanze che ostacolano gli effetti negativi del fruttosio, secondo il noto effetto di sinergia). Tuttavia, se usato come DOLCIFICANTE, ha effetti perversi: AUMENTA LA RESISTENZA ALL’INSULINA E LA RESISTENZA ALLA LEPTINA (ormone prodotto dal tessuto adiposo per segnalare al cervello di ridurre il senso di fame).
I diabetologi più illuminati infatti sconsigliano ai propri pazienti di assumere prodotti per diabetici poiché ricchi di fruttosio (che è vero, non squilibra la glicemia, ma a lungo andare peggiora il diabete).
Il fruttosio infatti, come ma più del saccarosio, induce tutti gli squilibri del metabolismo: fa metter su pancia, provoca produzione di acido urico che induce ipertensione, causa resistenza insulinica che a sua volta fa aumentare la glicemia e stimola la sintesi di grassi nel fegato e quindi l’innalzamento di questi nel sangue. Si ipotizza infatti che il drammatico aumento di gotta a partire dal 17° secolo, nelle classi sociali più ricche, sia stato una conseguenza del progressivo aumento di zucchero contenuto nei liquori e aggiunto al caffè, al tè e nei dolci (oltre che naturalmente all’elevato consumo di carne, pesce e bevande alcoliche).
Fino a 200-300 anni fa infatti lo zucchero non rientrava nell’alimentazione abituale dell’uomo: era conosciuto perché veniva importato dall’Oriente a caro prezzo dai mercanti veneziani e solo di rado faceva parte delle ricette dei dolci preparati a casa dai nobili.
La canna da zucchero venne piantata nelle isole di Sicilia e Madeira (a ovest del Marocco) ma con nessun risultato. Quando però si scoprì che cresceva bene nel Nuovo Mondo gli affari andarono a gonfie vele, ma ben presto, vista la scarsità di manodopera (gli indigeni erano stati sterminati e gli schiavi africani non erano sufficienti), la canna da zucchero venne sostituita da una nuova scoperta: la barbabietola da zucchero! Un personaggio in particolare diede il via alla diffusione dello zucchero in Europa, era Napoleone che, volendo competere con Spagna e Inghilterra nel commercio dello zucchero, promosse lo sviluppo degli zuccherifici con conseguente progressiva diminuzione dei prezzi e esso divenne così appannaggio di tutti. Ecco che le classi medie e povere iniziarono a essere colpite anch’esse dalla gotta. Il fruttosio contenuto nello zucchero (saccarosio = glucosio + fruttosio) favorisce la produzione di acido urico con tutte le conseguenze sopra citate.

ATTENZIONE quindi! Perché lo zucchero attenua la soppressione dell’ormone grelina, responsabile di trasmettere al cervello il segnale di fame e facendo abbassare anche il segnale della dopamina nei centri cerebrali del piacere, inibendo il senso di soddisfazione che ci dà il cibo e quindi forzandoci a consumarne di più.
Lo zucchero è una droga che dà dipendenza: troppo zucchero o dolcificanti artificiali causano nel cervello un aumento del rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore chimico della gratificazione. Alla lunga questo porta a una riduzione dei recettori della dopamina e degli effetti gratificanti. Il messaggio che quindi il cervello invierà sarà: assumi ancora dolci! Nel tempo infatti la risposta dopaminergica al dolce diminuisce e così la sensibilità dei centri nervosi agli stimoli gratificanti con relative turbe del comportamento.

“L’industria del senza zucchero” ha capito benissimo tutto ciò e propone prodotti “Sugar free”, ma comunque dolcissimi, perché ricchi di dolcificanti artificiali. Questo vale anche per l’industria del biologico, che sempre industria è. Quando leggete sulle etichette delle merendine biologiche per bambini “senza zucchero – contiene solo gli zuccheri della frutta e dei cereali” non cascateci. Leggete l’etichetta degli ingredienti e noterete “sciroppo di glucosio e fruttosio”, ricavati dall’idrolisi dell’amido di mais in glucosio e trasformando chimicamente metà del glucosio in fruttosio.

E i dolcificanti naturali? Molto amati ma purtroppo non innocui, poiché attivano meccanismi simili. Il più conosciuto è probabilmente la STEVIA, pianta dalle foglie così dolci da essere 200 volte più dolce del saccarosio. È un dolcificante quasi acalorico ma che comunque, se associato a un pasto, fa alzare rapidamente la glicemia.

CHE FARE DUNQUE PER SOSTITUIRE LO ZUCCHERO?… la domanda è mal posta. Mi dispiace ma non si tratta di trovare un dolcificante innocuo ma di abituarsi a gusti meno dolci. Per la naturale tendenza ad amare il gusto dolce, l’industria lo mette dappertutto: le nostre papille gustative sono drogate. La cosa migliore da fare innanzitutto è iniziare gradualmente, prima riducendo la quantità di zucchero che si assume e pian piano riscopriremo una miriade di sapori quasi sconosciuti o perduti (esattamente come per il sale che “camuffa” i sapori, lo zucchero fa lo stesso!).

Altra cosa da non fare è buttarsi sul primo “zucchero integrale di canna” che ci si presenta davanti in quanto, se veramente integrale non può essere né giallo molto chiaro, né secco: deve necessariamente essere giallo scuro o marrone e, soprattutto, umido! La narrativa non è esente da tali considerazioni e lascio a voi associare le sostanze dolcificanti all’interno del testo di una storia. Anzi ritengo che la vera narrativa sia fatta da autori che scrivono per sottrazione. Come nella cucina, occorre imparare per dimenticare poi tutto?
Continua…

Leggi la IX parte dell’articolo

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Scritto da
Fabio Mendolicchio
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