La cucina editoriale (VI parte)

La cucina editoriale (VI parte)

Sapete a un corso di sommelier cosa mi disse un amico istruttore quando gli chiesi come si facesse a riconoscere un vino cattivo per non dire pericoloso?

Nel lontano 2009 gestivo un ristorante importante a Torino, il primo ristorante di Libera contro le mafie di Don Ciotti. Tra le varie attività e laboratori che si facevano, partì un corso per sommelier. Lo teneva il padre di un amico, sommelier raffinato e grande conoscitore. Fu lui a portarmi per cantine a scegliere i vini che offrivamo nel menù. Io ovviamente assistevo ai corsi. L’ultimo giorno uno dei partecipanti, dopo aver degustato e preparato la scheda d’assaggio da confrontare con tutti i partecipanti, scrisse di aver trovato sentori di frutti rossi, in particolare prugne e cenni di frutta secca. Un vino di grande armonia secondo costui, con bilanciato equilibrio tra acidità e tannini vellutati e avvolgenti. Molti altri scrissero cose simili, chi più chi meno. Solo in due su circa una decina di persone scrissero note molto critiche. Il sommelier chiese a tutti se il vino che avevano degustato fosse buono oppure no. Ricordo di aver alzato la mano e di avere detto che a me non piaceva. Lui mi guardò e disse a tutti che io ero già abituato abbastanza bene; si complimentò con i due che avevano scritto le note critiche e disse che il punto di partenza per riconoscere un vino buono è quello di bere del buon vino.

L’ultimo giorno ci fece degustare un vino preso al supermercato nel pintone da 2 litri, un vino che definire bevibile è già tanto e malgrado da qualche settimana avessimo degustato vini importanti la maggioranza del gruppo non seppe smarcarsi dal test, lo reputò, appunto, bevibile.

Il sommelier disse che ci voleva del tempo per abituarsi ma che occorreva molto più tempo per riabituarsi.

Tutti noi ci rendiamo conto di bere un buon vino ma non tutti sono in grado di riconoscere un vino cattivo.

Sono 12 anni che queste parole mi frullano in testa. Ho imparato di più in quei cinque minuti che in anni di corsi e studi di specializzazione. Certo lui mi stava aiutando a formarmi. Mi resi conto che quel vino non solo era imbevibile ma addirittura pericoloso, perché basta mezzo bicchiere per mandare in tilt l’intero processo digestivo e il delicato equilibrio dell’organismo che ne consegue (aspetto che tantissime volte sottovalutiamo). Il sommelier disse ancora: “continuate a bere bene, bere meno, ma vino di grande qualità. Fatevi consigliare dall’enoteca di vostro riferimento”. Quando si va al supermercato bisogna già conoscere i vini. È possibile che tra questi ve ne siano di buoni, ma occorre saperli riconoscere.

Io per primo leggevo libri che mi sembravano belli, magari davo più importanza alla trama, all’argomento. Ci sono voluti almeno sette o otto anni di letture continue e assistite dai miei fedeli compagni di viaggio editoriale per iniziare a capire le differenze e spesso e volentieri non comprendevo veramente; occorreva insistere e leggere sulla fiducia. Col passare del tempo, oggi inizio a capire. Mi bastano tre pagine per azzardare un giudizio editoriale, non sono un editor ma piano piano i modelli esemplari hanno iniziato a insinuarsi, ed è come un buon calice di vino.

Spero di avervi fatto venire voglia di bere un buon vino!

Come vi dicevo non sono un editor ma sono un cuoco e so riconoscere dall’odore proveniente dalle vostre pentole se qualcuno di voi utilizza il dado o prodotti granulari simili e mi chiedo: che bisogno c’è?

Continua…

Leggi la V parte dell’articolo

Leggi la VII parte dell’articolo

Ti è piaciuto? Condividilo!
Scritto da
Fabio Mendolicchio
Di' la tua

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.